domenica 15 aprile 2012

la storia di BEBE

oggi era in TV, ho trovato la sua storia e la posto qui così mi ricordo di non mollare quando mi sembra di non farcela!


Bebe, la forza della volontà


“La sua è una storia tragica, ma non è una storia triste”. È la storia di Bebe Vio, oggi tredicenne, quella di cui vogliamo parlarvi oggi. La vicenda personale di Bebe ci colpì già qualche anno fa, quando, dopo aver contratto la meningite nel novembre del 2008 all’età di 11 anni, iniziò uno stillicidio tra alti e bassi che la portò a perdere nel giro di pochi mesi tutti e quattro gli arti.
Già da queste parole, il primo istinto comune sarebbe quello di provare compassione per lei e ritrovarci a riflettere sul fatto che, se fossimo noi a trovarci nei suoi panni, per la maggiore, urleremmo a gran voce l’invocazione alla morte piuttosto che veder “finita” a quel modo la nostra vita, “pretendendola di diritto” l’altrui compassione.

Provare compassione per Bebe però è sbagliato e soprattutto non giusto: un gesto “offensivo” nei confronti di questa ragazza che invece merita tutto il nostro rispetto per la lezione di vita che ci sta regalando e soprattutto ha deciso di renderci partecipi, grazie al suo altruismo e alla sua volontà: sentirla parlare, vederla, nella sua semplice bellezza, nei suoi occhi limpidi che rispecchiano la sua anima è un’esperienza che lascia il segno, nel suo spiegare con chiarezza e pragmatismo cosa è oggi la sua vita, cosa ha passato e cosa vuol fare del suo futuro, suscita un’emozione che si traduce nella commozione di quel pianto e  contemporaneo sorriso della speranza: tutto è possibile e niente può fermarci se siamo noi a volerlo. L’aura di Bebe oltrepassa il tubo catodico come se questo fosse un velo.

Bebe, con il suo essere aperto, forte, solare, deciso e al contempo dolce, ha fatto sì  che la sua vicenda personale stia servendo da sprone e scossa elettrica per le nostre coscienze.

Bebe, come ci racconta il padre Ruggero, è da sempre stata una ragazza attiva a 360 gradi, dalla “politica scolastica”, all’amore per l’arte ereditato dalla mamma Teresa, al volontariato con i bambini, l’educazione civica e un amore ancora più viscerale per lo sport della scherma. Tutto questo, oggi non è cambiato.

Bebe era infatti tra le 10 atlete di fioretto più forti in Italia, nella sua categoria. Come tutte le bambine, aveva cominciato a provare diversi sport, finché  all’età di cinque anni e mezzo prova la scherma ed è subito amore tra lei ed il fioretto. Nelle prime rappresentative, dato che la bambina aveva due anni meno della categoria minima dei “pulcini”, viene aggiunta a penna una nuova categoria appositamente per lei: quella “ovetto”.

L’amputazione di tutti e quattro gli arti non l’ha fermata, ma le difficoltà  iniziali e quelle che sta incontrando nel suo percorso sono impensabili per noi che guardiamo il mondo da “normodotati”.

Il padre Ruggero ci spiega di come sia difficile per un bambino che abbia subito un’amputazione, poter continuare o comunque intraprendere uno sport e quanto, altresì, sia importante l’attività sportiva per chi ha subito delle menomazioni o le ha dalla nascita.

Veniamo così  a sapere che le protesi per la vita “quotidiana” vengono fornite gratuitamente, ma non quelle adatte per lo sport il cui costo arriva ad aggirarsi finanche ai 50mila euro. Enti come il CIP – Comitato Italiano Paraolimpico – fornisce protesi sportive solo se in presenza di “risultati”, e come conveniamo con il Signor Vio: è un cane che si morde la coda, come si fa ad ottenere i risultati se non si hanno i mezzi materiali e necessari per poterli raggiungere?

I bambini, a differenza degli adulti, necessitano di un cambio più frequente nel tempo delle protesi, fino a quando la loro crescita non si stabilizza e possono usare quelle appunto degli adulti, che sono anche più accurate e curate da un punto di vista estetico: per questo devono stare attenti anche all’alimentazione e mantenere un peso quanto più stabile possibile.

Così come torna tra i banchi di scuola non appena le è possibile, Bebe torna allo sport – ed è proprio grazie alla disciplina tipica degli sportivi se riesce ad affrontare con decisione la malattia ed il percorso che le si prospetta dopo. La ragazza non si è mai sentita un’invalida, “Io non mi sento invalida. Senza gambe: io sono invalida”, ragione per cui all’inizio rifiuta di riprendere a tirare di scherma in carrozzina: o in piedi o niente, e così preferisce due mesi di equitazione.

Ma l’amore per il fioretto non si affievolisce nella sua anima che è un vulcano in eruzione per forza, passione e volontà e così, grazie alla guida di Melissa Milani – vice presidente CIP Emilia Romagna la quale disse una vota “secondo me l’esonero da educazione fisica, la negazione dello sport, non deve esistere per nessuno. Si tratta di trovare il modo giusto: chi ha le gambe bloccate può usare le braccia, altre persone possono fare gli arbitri, e così via; basta cercare davvero la soluzione e quasi sempre la si trova” – riesce a convincersi a tirare di scherma anche da seduta e la prima volta lo fa con un fioretto di plastica legato all’arto con del semplice scoatch.

Il talento di Bebe non passa inosservato anche ora che deve gareggiare in carrozzina e ben presto, grazie anche alla tenacia dei suoi genitori che non hanno la paura o quell’inspiegabile “vergogna” che colpisce in casi analoghi molti padri e madri che i propri figli vengano guardati  con occhi diversi dal resto del mondo per le loro menomazioni, guidano la lotta perché Bebe possa continuare il suo sogno. Inizia così quella solidarietà e interesse costruttivo per questa vicenda che portano alla Otto Bock, azienda tedesca che attualmente fornisce le protesi che Bebe testa e alla Arte Ortopedica, ortopedia che la segue per conto della Otto Bock e che le ha fornito le protesi per la scherma, entrambe le dedicano molto tempo con team di tecnici esperti che si dedicano a lei.

I risultati di Bebe al fioretto non si sono fatti attendere, anzi, come ammette il padre, uomo decisamente pragmatico – da qui capiamo da chi abbia preso la ragazza: “Siamo sinceri, Bebe era forte quando gareggiava prima della malattia, ma non era destinata a livelli per così dire altissimi” ad un certo punto, la sua carriera si sarebbe fermata, in alto, ma non nell’Olimpo, a causa del suo schema d’attacco che la portava a “puntare alla pancia”: grintosa nella vita, grintosa sulla pedana. Paradossalmente, oggi, questo sua tecnica risulta essere la sua arma vincente dal momento che la scherma in carrozzina, necessita che queste vengano bloccate alla pedana in modo che gli atleti non rischino di cadere giù durante gli spostamenti, quindi, devi essere deciso ad attaccare e puntare alla pancia, e Bebe è già maestra in questo “Adesso sì che Bebe può puntare veramente in alto”.

Bebe non si è  mai fermata, corre e brucia le tappe, sa cosa vuole, anche nelle giornate buie in ospedale, quando il padre – addetto ad essere l’intermediario con i medici – doveva comunicarle le notizie “Non le ho mai nascosto nulla”, dice “ha sempre saputo cosa le stava succedendo” e spesso, adesso ci si può anche ridere su, queste brutte giornate venivano un po’ addolcite da qualche fetta di salame di cui la ragazza è ghiotta, come ci racconta il Signor Vio.

Bebe si fa ambasciatrice della sua storia personale e dell’associazione che decidono di fondare i suoi genitori “art4sport”, arte per lo sport, per aiutare a far venire fuori dal guscio o tendere una mano a coloro che si trovano nella stessa situazione della loro bambina – Bebe è comunque l’unica atleta al mondo a tirare di scherma senza i 4 arti – mettendo a disposizione il suo talento artistico.

Bebe ama l’arte e il padre ci dice che la sua è semplice “Bebe fa arte come le viene”, aveva iniziato a creare gioielli in filo di rame appena un anno prima che si ammalasse e li vendeva in un mercatino che fanno le ragazzine nel luogo in cui la famiglia va in vacanza “Erano bellissimi nella loro semplicità”, quei gioielli sono andati tutti venduti e nulla di materiale è rimasto di quel ricordo – per chi li ha acquistati e sa dell’evolversi della sua storia, avranno oggi un valore in più – ovviamente nessuno poteva prevedere cosa riservasse il futuro.

Quando chiediamo se Bebe pensi di fare da grande l’allenatrice per i ragazzi che si trovano nelle sue condizioni, ci viene risposto che in realtà non ha mai espresso un simile desiderio, quanto piuttosto: “insegnare a camminare ai bambini che necessitano di protesi, perché lei sa cosa vuol dire” – e non ha tutti i torti, sentirsi dire da un normodotato: “è strano che ti faccia male fare questo movimento” razionalmente, non ha senso: è la ragazza a portare la protesi non noi, saprà lei se farà male o meno.

Ancora oggi Bebe continua con le sue tre esse: “Scuola, scout e scherma” ed a dedicarsi ai bambini di un asilo nido “I bambini ti vogliono bene per quello che sei, non per come ti vedono” ha detto questo una volta al padre.

Alla fine chiediamo al Signor Vio di fare un invito ai nostri lettori e queste sono le sue parole “Che prendano esempio da Bebe, a vedere Bebe viene voglia di fare e superare le difficoltà della vita” e se ci riesce lei che di motivi ne avrebbe tanti per lamentarsi e lasciarsi abbattere, tutti noi, per rispetto nei suoi confronti, dovremmo rimboccarci le maniche, anche se a volte ciò che diamo per scontato nella nostra quotidianità di normodotati anatomicamente ci porta a far drammi per inezie. Tutto è possibile, volere è potere, Bebe lo dimostra ogni giorno che passa, e come dice Oscar Pistorius che della famiglia Vio è ormai diventato grande amico “Il vero disabile è quello che non ci prova”.

venerdì 13 aprile 2012

"La famiglia davanti alle alterazioni cerebrali dei propri figli"





Dalla Santa Sede


Documento Ufficiale Vaticano. Pubblicato sull'Osservatore Romano del 26 giugno 1997

Incontro : "La famiglia davanti alle alterazioni cerebrali dei propri figli"

Speranza per questi bambini
Speranza per le loro famiglie


Dal 12 al 14 giugno 1997, il Pontificio Consiglio per la Famiglia, il Pontificio consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari e il "Centro Educacíón Familiar Especial" (CEFAES, Spagna) si sono riuniti in occasione di un Incontro Internazionale in Vaticano a cui hanno partecipato 75 esperti sul tema: "La famiglia davanti alle alterazioni cerebrali dei propri figli". L'incontro è stato promosso dal "Programma Leopoldo" (Venezuela), I partecipanti si sono scambiati opinioni scientifiche, terapeutiche, etiche, spirituali e pastorali circa l'accudimento e la cura dei bambini con alterazioni cerebrali. Alla conclusione di questo Incontro hanno espresso le loro speranze e le loro preoccupazioni con le seguenti raccomandazioni.

Persone vulnerabili da valorizzare e da amare

Il corpo di una persona è sempre un corpo umano con un carattere personale. Indipendentemente da quanto grave sia l'alterazione cerebrale, queste persone non perdono nulla del valore assoluto conferito loro dall'atto creativo dell'amore di Dio. Per questo, sosteniamo che è molto importante aver sempre presente la dignità delle persone con alterazioni cerebrali indipendentemente da quanto gravi queste ultime possano sembrare. Le persone infatti perdono di vista la loro dignità quando la mentalità edonistica e utilitaristica prevalente li sopprime attraverso l'aborto eugenetico, l'infanticidio e l'eutanasia. Proclamiamo l'assoluta e inviolabile dignità delle persone con alterazioni cerebrali. La loro speranza di riabilitazione, si basa su questa verità. Il nostro primo compito è dunque quello di diffondere un'idea della persona che riconosca la grandezza dell'essere figlio di Dio. La descrizione che Papa Giovanni Paolo II fa di queste persone come di "amati figli di Dio" dovrebbe permeare tutta la riflessione antropologica sui loro diritti, le cure e i trattamenti. Inoltre, poiché ogni persona si evolve attraverso l'incontro interpersonale, la famiglia in quanto cellula primaria della società deve essere inclusa in questa riflessione.

La famiglia assolve meglio questo compito

Riaffermiamo che i genitori sono i primi e naturali maestri dei loro figli e ciò vale anche per le famiglie in cui si trovano persone con alterazioni cerebrali. I recenti progressi tecnologici hanno dimostrato che lo sviluppo neurologico è un processo dinamico e in costante evoluzione e che le funzioni neurologiche che sono assenti possono spesso venire ripristinate. Bisognerebbe incoraggiare i programmi domiciliari nei quali i familiari sono i principali insegnanti e terapisti. Questi programmi offrono grandi vantaggi terapeutici ed economici rispetto ai programmi statali. Raccomandiamo ai Pastori di essere consapevoli che i disordini comportamentali sono frequentemente causati da squilibri biochimici, da insufficienza alimentare e/o da reazioni immunologiche ai cibi o all'ambiente e che la correzione di questi disordini e possibile. Raccomandiamo alle diocesi e alle parrocchie di orientare le famiglie verso queste terapie moderne che suscitano nuove speranze e alle parrocchie in particolare di far si che le persone con alterazioni cerebrali si sentano amate e accettate nella liturgia, nella catechesi e in tutti gli aspetti dalla vita parrocchiale.

Risorse di amore e di vita

Dichiariamo che la famiglia può affrontare le situazioni più difficili trasformando la sofferenza in amore. Le alterazioni cerebrali non dovrebbero essere semplicemente descritte come una "crisi familiare" o come un "peso da sopportare". Accudire questi membri della famiglia è veramente una vocazione di amore donativo. Raccomandiamo che venga offerto il massimo sostegno sociale a coloro che hanno questa responsabilità. Speriamo che un giorno una persona con alterazioni cerebrali possa essere, proclamata santa dalla Chiesa. Certamente molte famiglie possono testimoniare i miracoli di grazia e di riconciliazione che queste speciali persone offrono alla loro casa.
Famiglie monoparentali

A causa dell'allarmante aumento dei casi di prole illegittima e di abbandono da parte di uno dei due, coniugi raccomandiamo di prestare particolare attenzione ai figli nati con alterazioni cerebrali in tali situazioni. La Chiesa e la comunità dovrebbero fare tutto il possibile per aiutare il genitore che assiste il proprio figlio e anche promuovere la responsabilità coniugale.

Lasciamoli vivere!

Mentre accettiamo una diagnosi prenatale lecita, sicura e fatta in vista di appropriati interventi volti ad aiutare il nascituro, dobbiamo opporci quando questa tecnologia viene utilizzata per individuare ed eliminare coloro che hanno varie alterazioni. Riaffermiamo il diritto fondamentale alla vita di ogni persona umana. Dal momento del concepimento, l'embrione e il feto umani devono essere trattati come persone. La persona umana non può mai essere direttamente e volontariamente distrutta. L'aborto, l'infanticidio e l'eutanasia non eliminano i difetti, ma eliminano piuttosto la persona che ha questi difetti. Tali pratiche minano la compassione e fanno venire meno la motivazione a cercare modi efficaci per migliorare il trattamento, le cure e l'accudimento dei nascituri e dei neonati. Raccomandiamo di sostenere le sempre più numerose associazioni che riuniscono persone disabili e che lottano per il diritto alla vita prima e dopo la nascita. Allo stesso modo rifiutiamo la sterilizzazione delle persone con alterazioni cerebrali (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2297). Piuttosto che proteggere questi uomini e queste donne, che andrebbero adeguatamente controllati ed educati, la sterilizzazione evita le responsabilità, sminuisce queste persone e reca loro grave danno.

Solidarietà sociale e sussidiarietà

Invece di impedire la solidarietà umana, la presenza di persone con alterazioni cerebrali può essere il modo con cui Dio ci esorta a una maggiore solidarietà nella società, in particolare alla luce del relativo principio di sussidiarietà. Raccomandiamo che i membri familiari, le famiglie allargate, le parrocchie e altri gruppi di mediazione vengano favoriti rispetto ad altre forme di organizzazione sociale, come lo Stato, che spesso intervengono impedendo a coloro che si impegnano di più per il benessere dei disabili di agire come colui "che è prossimo al bisognoso" (Centesimus annus, n.48). Questo è il motivo per cui la solidarietà verso le persone mentalmente disabili assume la forma di una sussidiarietà che promuove la famiglia. Raccomandiamo che i sistemi pubblici di sanità e una legislazione appropriata favoriscano sempre il valore innato di ogni persona e i diritti e le responsabilità della famiglia, dando a quest'ultima la libertà di scegliere le modalità sanitarie che preferisce e fornendo agevolazioni fiscali familiari. I diritti dell'uomo non sono determinati dalla produttività o dall' "utilità". L'economia libera deve essere considerata in un contesto più ampio che ponga il progresso al servizio della vita (cfr Centesimus Annus, n.42). Non è lo stato a compiere questi progressi, ma individui creativi che prestano la propria opera in un regime di libertà economica.

La vita spirituale delle persone con alterazioni cerebrali

Un cervello danneggiato non impedisce di amare Dio o gli altri perché l'amore supera le capacità fisiche e intellettuali. Le persone con limiti fisici non hanno necessariamente anche limiti spirituali sebbene non sempre siano in grado di esprimersi. Le persone con tali difficoltà possiedono un mistero, un "segreto speciale". Nell'interiorità e nella preghiera esse incontrano Dio e in tal modo giungono ad amare Lui e gli altri. Possono rivelare questi "segreti" sussurrandoli agli amici che sanno rimanere in silenzio ed ascoltare. Raccomandiamo che la catechesi rivolta ai bambini con alterazioni mentali, sia in famiglia sia in parrocchia, promuova il senso di Dio, in particolare attraverso la preghiera e la ricezione dei sacramenti. Tuttavia, non pensiamo di essere noi a conferire la vita spirituale a questi bambini perché sono loro che possono offrire a noi doni spirituali meravigliosi.

Priorità di azione

Concludiamo le nostre riflessioni e le nostre raccomandazioni sottolineando le priorità più urgenti per agire in favore di persone con alterazioni cerebrali e delle loro famiglie.
  • Bisognerebbe opporsi all'abuso della pratica della diagnosi prenatale in vista dei diritti di tutti i nascituri e delle forme che si evolvono rapidamente di terapia pre-e-postnatale rivolte a bambini con alterazioni cerebrali.
  • Bisogna distinguere fra l'amore dei genitori e quello degli operatori sanitari. Sebbene siano entrambi importanti bisognerebbe dare priorità a quello parentale.
  • Le famiglie devono essere assistite, non solo al momento della nascita del bambino o durante la terapia, ma per tutta la vita. I gruppi parrocchiali di sostegno sono essenziali a questo proposito.
  • Bisognerebbe istituire centri di orientamento per le famiglie con membri con alterazioni cerebrali per aiutarle a seguire metodi di trattamento e riabilitazione.
  • I sacerdoti, i religiosi, i catechisti, i sanitari e gli operatori sociali dovrebbero ricevere una migliore formazione per poter assistere le famiglie nell'accudimento e nella cura dei loro figli, prestando particolare attenzione alla dimensione spirituale della loro vita.
  • Dovrebbero essere istituiti nuovi centri di vita comune per mettere coloro che hanno alterazioni cerebrali e altre difficoltà in contatto attivo e costante con la più ampia comunità.
  • Bisognerebbe promuovere una "cultura del disabile" autenticamente umana nelle scuole e attraverso i mezzi di comunicazione sociale affinchè i bambini possano imparare ad apprezzare i doni che ci vengono offerti da coloro che sono "differenti".
  • Bisognerebbe promuovere una migliore comunicazione fra i numerosi gruppi di sostegno e i programmi terapeutici nel mondo, in particolare avvalendosi di Internet. Bisogna offrire alle famiglie di tutte le nazioni nuove ed efficaci forme di terapia.
Da parte nostra alla luce di questo incontro internazionale a Roma, ci impegniamo per il futuro a continuare a cooperare insieme. Nel nome del Signore della Vita e con l'amore e le energie della Famiglia che egli ha creato, abbiamo fiducia nel fatto che possiamo offrire delle speranze a questi bambini e alle loro famiglie.

(Osservatore Romano, giovedì 26 giugno 1997)

sabato 7 aprile 2012

Buona Pasqua!

Da sempre si augura "pace e serenità" ma io quest'anno non mi sento nè in pace nè serena. Troppe batoste da tutti, troppe ingiustizie. Perdono, sicuramente ma... ma non  me la sento di augurare la " pace", la pace di chi? Per chi? a che pro?  Auguro a tutti il coraggio delle proprie idee, la forza di riuscire a ribellarsi e ottenere giustizia e la serenità della vittoria.

Scusate, vi voglio bene, amo tutta la gente, per questo non sopporto le prese in giro: governo in primis, diritti negati, rassegnazione, chiusura nelle quattro mura, riflusso completo, egoismi.

Dio Dio, Gesù sei risorto, aiutaci a risorgere!  Credo in TE!

mercoledì 4 aprile 2012

Revisione ISEE: documento FISH a Fornero e Guerra

Revisione ISEE: documento FISH a Fornero e Guerra

il documento sull’ISEE inviato al Ministro Elsa Fornero e al Sottosegretario Cecilia GuerraUno dei prossimi punti nell’agenda del Governo Monti è la ridefinizione dell’ISEE, cioè lo strumento di calcolo della disponibilità economica dei nuclei familiari.
Il Governo, infatti, in forza dell’articolo 5 della Manovra Monti (Legge 214/2011) dovrà rivedere sia le modalità di determinazione che i campi di applicazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).
Si tratta di un passaggio indubbiamente delicato e che interessa una ampia gamma di servizi sociali e agevolazioni tariffarie e, potenzialmente, fiscali. Dagli asili nido ai centri diurni per persone con disabilità, dal ricovero in RSA alle agevolazioni tariffarie sui consumi elettrici, tanto per citare alcuni esempi: sono interessati un gran numero di nuclei familiari (sono circa 7 milioni le dichiarazioni ISEE compilate ogni anno).
Le premesse normative fissate dalla Manovra Monti richiamano la volontà di rivedere la definizione di reddito disponibile, di migliorare la capacità selettiva dell’indicatore, valorizzando in misura maggiore la componente patrimoniale, e di permettere una differenziazione dell’indicatore per le diverse tipologie di prestazioni.
La questione è di estremo interesse anche per la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap che ha inviato al Ministro Elsa Fornero e al Sottosegretario Cecilia Guerra, in previsione dell’elaborazione del nuovo decreto, un articolato documento di analisi e di proposta per la revisione dell’ISEE.
Nel documento emerge con forza la necessità di tenere in considerazione, oltre al reddito e al patrimonio, anche il rischio di impoverimento a causa della disabilità e della non autosufficienza. Viene sottolineata l’importanza di definire, prima di applicare in modo stringente l’ISEE, i livelli essenziali dell’assistenza sociale ancora assenti nel nostro impianto normativo. Viene ribadita l’importanza di non considerare reddito le provvidenze assistenziali quali la pensione sociale o l’indennità di accompagnamento per i disabili gravi, né che quest’ultima sia condizionata dallo stesso ISEE.