giovedì 28 marzo 2013

Papa Francesco e la disabilità

"Il miracolo, a volte, è quello di costruire una vita degna di essere vissuta, anche quando sembra più difficile, mettendo la persona in grado di decidere liberamente, senza condizionamenti di alcun genere, quale percorso compiere per la propria emancipazione dall’handicap. Papa Francesco, se vorrà, potrà anche in questo senso rappresentare un forte cambiamento, contribuendo ad avvicinare, e a costruire ponti. Senza barriere."


Condivido il post di Franco Bomprezzi sulla disabilità e il Papa Francesco, me lo sento mio!

Auguri di Buona Pasqua a Tutti!

domenica 17 marzo 2013

Una settimana speciale

Il “nuovo” che irrompe interroga la disabilità
 di Franco Bomprezzi
Fotogrammi, parole, emozioni. Due giorni potenti per chi, come me, come noi tutti della redazione di InVisibili, cerca i segni di un possibile cambiamento, di una speranza ragionevole, di una cultura che cambia e include, senza pietismi, con intelligenza e sensibilità. Succede tutto in fretta, ma non per questo i segni vanno ridotti a pure sensazioni, perché sono invece il frutto di un lavoro importante, quotidiano, sotterraneo, quasi carsico. Papa Francesco chiama accanto a sé, sul palco, un giornalista non vedente, che lavora in Rai, in sala Nervi, perché colpito dalla presenza del suo cane guida, il labrador Asià (con l’accento sulla “a”, vezzo dovuto alla nascita francese…).  Laura Boldrini, appena eletta presidente della Camera, fra le tante applauditissime riflessioni del suo discorso di insediamento, afferma: “Dovremo imparare a capire il mondo con lo sguardo aperto di chi arriva da lontano, con l’intensità e lo stupore di un bambino, con la ricchezza interiore inesplorata di un disabile”.
Già, la ricchezza inesplorata. Non i bisogni, la solidarietà pelosa, la compassione. No: la ricchezza inesplorata. Non sono parole di circostanza, vengono da lontano. Come quella carezza del Papa a un cane guida, davanti a tutti i giornalisti del mondo. E il colloquio tenendo strette le mani del giornalista cieco, e trasmettendogli empatia e perfino una informazione tecnica: “Non mi puoi vedere, ma io so che mi puoi sentire”. Un Papa venuto dalla fine del mondo, un Presidente della Camera noto alle cronache per aver protestato contro le morti senza nome dei migranti nel Mediterraneo, a poche bracciate di mare dall’Italia. Oggi sono colpito da questi segnali di cambiamento, che non possono rimanere isolati o messi in una vetrina di bei ricordi.
Questi segni ci interrogano, e forse impongono il “nuovo” anche nella disabilità. Meno formalismi e più sostanza. Se la politica riesce, faticosamente, a rifondarsi attraverso la trasparenza, la scelta di persone nuove ed espressione della società civile, forse è il momento che anche l’impegno sociale, personale e collettivo, nel mondo delle disabilità, compia un salto di qualità. Troppe associazioni vivono ancora solo grazie all’impegno e alla presenza di autentici “decani” che hanno fatto mille battaglie, ma che stentano  - e spesso non per colpa loro – a trovare un ricambio generazionale. Troppe associazioni vivono in funzione dei contributi pubblici che consentono la loro sopravvivenza, ma in questo modo devono spesso evitare il contrasto, la denuncia, la battaglia per rivendicare i diritti negati, per migliorare i servizi scadenti, per favorire nuove forme di sussidiarietà, di collaborazione, di volontariato attivo. Troppe volte, in nome della comune appartenenza al mondo delle disabilità, si è rinunciato a combattere battaglie di trasparenza, di legalità, di eliminazione di piccoli privilegi e di disparità evidenti.
Al tempo stesso occorre riflettere sulla centralità delle persone, sui gesti, sugli sguardi, sulle attenzioni autentiche, sulle storie personali e collettive. Non tutto è perduto, non tutto deve essere rifondato da zero. Abbiamo leggi eccellenti, ma pochi soldi a disposizione. Le famiglie stanno subendo i colpi tremendi di una crisi senza precedenti. La tentazione forte di buttare tutto per aria rischia di costringerci tutti a ricominciare da capo, da zero. E non è giusto. Lo sguardo degli InVisibili, la loro cultura, i loro desideri, le loro aspirazioni umane, possono trovare oggi un ascolto inaspettato, e non dobbiamo lasciarci sfuggire questa straordinaria occasione di essere protagonisti, in una stagione di cambiamento. Senza rassegnazione, abbandonando anche quel cupo pessimismo che corrode la speranza, e conduce all’immobilità. In una parola: tornando a vivere.

giovedì 7 marzo 2013

La stupidità


                                                                 
Il nemico del bene
 Per il bene la stupidità è un nemico più pericoloso della malvagità. Contro il male è possibile protestare, ci si può compromettere, in caso di necessità è possibile opporsi con la forza; il male porta sempre con sé il germe dell’autodissoluzione, perché dietro di sé nell’uomo lascia almeno un senso di malessere. Ma contro la stupidità non abbiamo difese. Qui non si può ottenere nulla, né con proteste, né con la forza; le motivazioni non servono a niente. Ai fatti che sono in contraddizione con i pregiudizi personali semplicemente non si deve credere - in questi casi lo stupido diventa addirittura scettico - e quando sia impossibile sfuggire ad essi, possono essere messi semplicemente da parte come casi irrilevanti. Nel far questo lo stupido, a differenza del malvagio, si sente completamente soddisfatto di sé; anzi, diventa addirittura pericoloso, perché con facilità passa rabbiosamente all’attacco. Perciò è necessario essere più guardinghi nei confronti dello stupido che del malvagio. Non tenteremo mai più di persuadere lo stupido: è una cosa senza senso e pericolosa.
Stupidità e potere
 Se vogliamo trovare il modo di spuntarla con la stupidità, dobbiamo cercare di conoscerne l’essenza. Una cosa è certa, che si tratta essenzialmente di un difetto che interessa non l’intelletto, ma l’umanità di una persona. Ci sono uomini straordinariamente elastici dal punto di vista intellettuale che sono stupidi, e uomini molto goffi intellettualmente che non lo sono affatto. Ci accorgiamo con stupore di questo in certe situazioni, nelle quali si ha l’impressione che la stupidità non sia un difetto congenito, ma piuttosto che in determinate situazioni gli uomini vengano resi stupidi, ovvero si lascino rendere tali. Ci è dato osservare, inoltre, che uomini indipendenti, che conducono vita solitaria, denunciano questo difetto più raramente di uomini o gruppi che inclinano o sono costretti a vivere in compagnia. Perciò la stupidità sembra essere un problema sociologico piuttosto che un problema psicologico. E’ una forma particolare degli effetti che le circostanze storiche producono negli uomini; un fenomeno psicologico che si accompagna a determinati rapporti esterni.
 Osservando meglio, si nota che qualsiasi ostentazione esteriore di potenza, politica o religiosa che sia, provoca l’istupidimento di una gran parte degli uomini. Sembra anzi che si tratti di una legge socio-psicologica. La potenza dell’uno richiede la stupidità degli altri. Il processo secondo cui ciò avviene, non è tanto quello dell’atrofia o della perdita improvvisa di determinate facoltà umane - ad esempio quelle intellettuali - ma piuttosto quello per cui, sotto la schiacciante impressione prodotta dall’ostentazione di potenza, l’uomo viene derubato della sua indipendenza interiore e rinuncia così, più o meno consapevolmente, ad assumere un atteggiamento personale davanti alle situazioni che gli si presentano. Il fatto che lo stupido sia spesso testardo non deve ingannare sulla sua mancanza di indipendenza. Parlandogli ci si accorge addirittura che non si ha a che fare direttamente con lui, con lui personalmente, ma con slogan, motti, ecc. da cui egli è dominato. E’ ammaliato, accecato, vittima di un abuso e di un trattamento pervertito che coinvolge la sua stessa persona. Trasformatosi in uno strumento senza volontà, lo stupido sarà capace di qualsiasi malvagità, essendo contemporaneamente incapace di riconoscerla come tale. Questo è il pericolo che una profanazione diabolica porta con sé. Ci sono uomini che potranno esserne rovinati per sempre.
 Liberazione esteriore
 Ma a questo punto è anche chiaro che la stupidità non potrà essere vinta impartendo degli insegnamenti, ma solo da un atto di liberazione. Ci si dovrà rassegnare al fatto che nella maggioranza dei casi un’autentica liberazione interiore è possibile solo dopo essere stata preceduta dalla liberazione esteriore; fino a quel momento, dovremo rinunciare ad ogni tentativo di convincere lo stupido.
 In questo stato di cose sta anche la ragione per cui in simili circostanze inutilmente ci sforziamo di capire che cosa effettivamente pensi il "popolo", e per cui questo interrogativo risulta contemporaneamente superfluo - sempre però solo in queste circostanze - per chi pensa e agisce in modo responsabile. La Bibbia, affermando che il timore di Dio è l’inizio della sapienza (Salmo 111, 10), dice che la liberazione interiore dell’uomo alla vita responsabile davanti a Dio è l’unica reale vittoria sulla stupidità.
 Del resto, siffatte riflessioni sulla stupidità comportano questo di consolante, che con esse viene assolutamente esclusa la possibilità di considerare la maggioranza degli uomini come stupida in ogni caso. Tutto dipenderà in realtà dall’atteggiamento di coloro che detengono il potere: se essi ripongono le loro aspettative più nella stupidità o più nell’autonomia interiore e nella intelligenza degli uomini.


di D. Bonhoeffer
(da Resistenza e resa. Lettere e scritti dal carcere)